Le diete low carb (ovvero a basso contenuto di carboidrati) prediligono l’assunzione di proteine e grassi a discapito di zuccheri e carboidrati responsabili del così detto “picco glicemico post-prandiale”.
La dieta chetogenica
Uno delle diete low carb più conosciute e discusse è sicuramente la dieta chetogenica, nella quale viene stimolata la chetosi ovvero la produzione di corpi chetonici come scarto della reazione di produzione di energia da parte dell’organismo che, in assenza di carboidrati, va ad attingere alle riserve di grasso.
Nella fase di dimagrimento vera e propria della dieta, sono presenti solo tre tipi di alimenti:
- verdure verdi a foglia, come lattuga, valeriana rucola; asparagi; spinaci, zucchine ecc.
- proteine: in particolare carne rossa, carne bianca, uova, pesce;
- grassi: come olio, burro, formaggi.
E’ fondamentale in questa fase bere ogni giorni almeno 2 litri di acqua o altro liquido (come caffè, tè e tisane tutti rigorosamente non zuccherati) per aiutare l’organismo ad eliminare le scorie, ovvero i residui azotati, derivati dal metabolismo delle proteine in eccesso.
Le proteine vengono infatti assunte in quantità maggiore poiché servono ad alcune cellule (come i globuli rossi o le cellule del tessuto nervoso) a ricavare energia dalla produzione endogena di glucosio a partire dagli amminoacidi. Queste cellule non sono infatti in grado di ricavare energia dal metabolismo degli acidi grassi.
I corpi chetonici che vengono prodotti e rilasciati nel sangue agiscono abbassandone il pH e determinando un’ acidosi metabolica che costringe l’organismo ad attingere alle riserve di glucosio immagazzinate sotto forma di glicogeno, andando a determinare una riduzione del tessuto adiposo e di conseguenza il dimagrimento tanto desiderato. L’acidosi metabolica che si crea, e che è alla base del dimagrimento può però avere, a lungo andare, anche conseguenze negative sulla salute, vediamo perché.
Conseguenze
I nostri liquidi corporei più rappresentati (sangue e liquidi extracellulari) sono alcalini.
Nel sangue il pH, cioè la misura dell’acidità e dell’alcalinità di una soluzione, deve essere compreso tra 7,35 e 7,45, qualora esso scenda sotto 7, che è un valore neutro, portandosi a 6,95, il paziente può andare incontro ad arresto cardiaco o può entrare in coma: valori di pH ematico sotto 6,80 e sopra 7.80 non sono dunque compatibili con la vita.
Nella matrice extracellulare invece il range di tolleranza alle variazioni di pH è molto più ampio: si possono tollerare in essa, valori di pH anche molto acidi (ben sotto 7) senza pericolo per la vita, anche se con ripercussioni sulla salute.
L’organismo contrasta le variazioni patologiche del pH ricorrendo a complessi sistemi tampone, di neutralizzazione dell’eccesso di acidità o di alcalinità.
Tutti i fluidi corporei sono dotati di sistemi tampone, se questi non riescono a controllare in modo ottimale l’equilibrio acido base, ecco allora che intervengono i polmoni o i reni. I polmoni eliminano gli acidi detti “deboli” come l’acido lattico, l’acido citrico, l’acido piruvico e altri, che vengono trasformati in acido carbonico ed eliminati come anidride carbonica con la respirazione.
Gli acidi “forti”, come quelli che vengono prodotti dal metabolismo delle proteine animali possono essere eliminati solo dai reni (sono acidi forti l’acido urico, l’acido fosforico, l’acido solforico).
Gli acidi che non riescono ad essere neutralizzati si accumulano invece nella matrice extracellulare che è di fatto il più esteso sistema tampone dell’organismo.
La matrice extracellulare può essere considerata un grande sistema disintossicante, che però ha anche fondamentali funzioni di idratazione e in essa si verificano gli scambi metabolici fra cellule e ambiente extracellulare, le razioni immunitarie, le infiammazioni e le malattie degenerative. L’acidosi della matrice extracellulare è un disturbo subdolo, che per molto tempo può passare inosservato, esprimendosi con sintomi che sono comuni a molte affezioni.
L’acidosi della matrice cellulare, se si cronicizza, va considerata come una infiammazione cronica, che può essere diffusa o più rappresentata in alcuni organi: se non trattata e non eliminata causerà degenerazione.
La degenerazione si esprimerà prima e in modo più grave, in quell’organo che per un uso eccessivo o per una tendenza genericamente determinata, sia più suscettibile ad ammalarsi.
Schematicamente i passaggi sono i seguenti: acidosi -> infiammazione -> degenerazione -> degenerazione tumorale
L’acidosi non è però un processo irreversibile e si può intervenire in vari modi per ripristinare l’alcalinità fisiologica.
La dieta chetogenica è dunque una dieta d’attacco e come tale non dovrebbe mai durare più di qualche mese. Molti studi hanno dimostrato che intraprendere una dieta così restrittiva per lunghi periodi può portare a diverse carenze di vitamine, minerali (potassio, magnesio, ferro,selenio, rame e zinco) e soprattutto di fibre.
La dieta chetogenica può effettivamente cambiare il microbiota (flora batterica intestinale) di una persona che la segue per un periodo prolungato. Il microbiota più è diversificato e più è in salute e con lui anche noi.
La diversificazione dipende dagli alimenti mangiati quindi la mancanza di cereali integrali, legumi, verdure amidacee e frutta a più alto contenuto calorico, che contribuiscono a questa diversificazione, a lungo andare, potrebbero creare fastidiosi squilibri intestinali. Seguire una dieta a così alto contenuto di grassi è inoltre assolutamente controindicato in gravidanza e in chi ha problemi alla cistifellea.
L’alimentazione chetogenica nella sua versione standard ammette dunque l’utilizzo di una gran quantità di grassi saturi come quelli della panna, del mascarpone, dei formaggi grassi, del bacon e degli insaccati. Questa versione estrema può essere adattata ad un approccio più sano attraverso la sostituzione di tali alimenti con valide alternative decisamente più salutari. Vediamo nello specifico quali alimenti possiamo utilizzare mantenendo inalterato l’obiettivo finale:
- tra le verdure si possono scegliere quelle non amidacee come le verdure a foglia verde, le crucifere (come broccoli, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, verza, ecc), le zucchine, i finocchi e così via (non sono ammessi la zucca, le carote, le barbabietole, le patate e le patate dolci perchè fonte eccessiva di carboidrati).
- tra i grassi quelli buoni comprendono l’avocado, il cocco, l’olio extravergine d’oliva, l’olio di cocco, il burro ghee, il burro di malga, l’olio di macadamia, l’olio di semi di lino e l’olio di semi di canapa.
- le proteine dovrebbero essere di alta qualità e preferibilmente di origine biologica e controllata come le uova da galline allevate in spazi aperti, la carne bianca (ma nelle sue parti più grasse), la carne rossa (anche questa nei tagli più grassi), il pesce (prediligendo il salmone, lo sgombro ecc) e i formaggi (possibilmente bio e meglio se di capra o di pecora).
La frutta deve essere a bassissimo contenuto di zuccheri come i frutti di bosco (lamponi, mirtilli, more e fragole), il limone, il lime e il pompelmo, ma tutto deve essere sempre consumato con moderazione. Sono ammessi anche la frutta a guscio e i semi con la stessa avvertenza di un consumo limitato come per la frutta poco calorica.
Gli unici dolcificanti concessi sono stevia ed eritritolo.
Esempi di menù
Colazione
A colazione chi segue una dieta chetogenica spesso beve un caffè senza zucchero frullato con burro ghee e olio MCT(olio composto solo da trigliceridi a catena media ottenuto dall’olio di cocco). Questa bevanda fa andare il corpo molto velocemente in chetosi.
Se non si beve il caffè si può sostituirlo con il cacao amaro o con il tè matcha mettendo la polvere di cacao o il tè matcha in acqua calda, burro ghee e olio MCT e infine frullare il tutto. Valide alternative, per gli amanti della colazione salata, sono le uova strapazzate con avocado a fette o il salmone affumicato con formaggio fresco e avocado o per chi ha poco tempo uno shake fatto con 30 g di proteine solubili senza zucchero (Star Whey Protein della Named in vari gusti) diluite con acqua, tè o caffè a seconda delle preferenze.
Pasti principali
Qualche esempio di pasto principale chetogenico da alternare tra pranzo e cena è cosi costituito:
- Uova strapazzate con olio di cocco accompagnate con avocado e spinaci saltati con olio extravergine di oliva o burro ghee.
- Coscia o sovracoscia di pollo cotta nel burro ghee con broccoli conditi con olio extravergine di oliva e succo di limone.
- Tagliata di manzo (con grasso) cotta nel burro ghee con puré di cavolfiore e olio extravergine di oliva.
- Salmone selvaggio cotto nell’olio di cocco con cavolo nero saltato nel burro ghee e avocado a fette.
- Trancio di tonno in crosta di semi di chia condito con olio extravergine di oliva accompagnato da zucchine saltate nel burro ghee o nell’olio extravergine di oliva.
- Insalata mista con rucola, valeriana, iceberg, ravanelli e avocado a fette, condita con olio e semi di canapa.
La fase iniziale (vale a dire i primi 3-5 giorni) è la più difficile perché si possono avere sintomi fastidiosi chiamati “Keto flu”. Durante questa transizione tra produzione di energia utilizzando glucosio e produzione di energia utilizzando chetoni, il corpo ha bisogno di adattarsi e di solito impiega dei giorni per effetuare lo “shift”.
Possono dunque insorgere forti mal di testa, spossatezza e anche nausea a cui porre rimedio bevendo una maggiore quantità di acqua e utilizzando dei basificanti (come ad es: il basenpulver della Named) da prendere la sera prima di andare a dormire.
Quando si è superata la prima fase, l’altro modo per capire se si è effettivamente in chetosi o meno è ritardare un pasto o digiunare a colazione e vedere la reazione del proprio corpo: se passata la sensazione di fame non si sente un calo di energia allora significa che si è in chetosi. Ci sono inoltre strumenti appositi per misurare la presenza dei chetoni attraverso degli stick da immergere nelle urine (ketodiastick).